Troppi girotondi hanno fatto girare la testa al governo Prodi: ieri dicevano no alla guerra senza se, senza ma e senza però, rifiutavano l’etichetta della missione di pace; oggi, appena collocate le terga sopra l’ambita poltrona, inviano subito una missione di pace in Israele. Cosa avranno di diverso queste missioni rispetto alle altre contro le quali ulivisti, centri sociali e spacca-vetrine vari si erano scagliati? Forse che faranno cantare “in the navy” dei village people sulla Durand de la penne o “immagine” ai soldati italiani per far cessare il fuoco in Terra Santa? Metteranno dei fiori nei loro cannoni? Isseranno la gaia bandiera pacifista al posto di quella di guerra? Faranno l’amore e non la guerra? Gli uomini della sinistra si arrampicano sugli specchi con espressioni che non vogliono dire niente- tipo “equivicinanza”- e ricordano tanto la politica anni ’80, quando dietro ad un linguaggio politico criptico, per iniziati – ricordo celebri espressioni come quella delle “convergenze parallele”- si cercava di nascondere il vuoto pneumatico di una classe dirigente incapace di affrontare le grandi questioni della nazione, rimandandole sempre a “tempi migliori”. Nell’attesa, si scaldano le poltrone, si occupano le Istituzioni con uomini propri, si graziano gli assassini e si spacciano per riforme provvedimenti senza capo né coda. Viene da chiedersi che fine abbiano fatto i giro-tontisti, gli intellettuali impegnati e pluripremiati, i premi Nobel, i premi Strega, quell’Italia che ripudia la guerra con la erre moscia.